Food revolution

La Food Revolution (La Rivoluzione del Cibo) è un movimento ideato da Jamie Oliver, un giovane cuoco inglese di grande talento comunicativo, famosissimo nel Regno Unito ed ora anche in Italia grazie alle trasmissioni trasmesse su Sky e digitale terrestre.

La sua è iniziata come battaglia per cambiare le pessime abitudini alimentari americane a partire dalle scuole con conseguenza gravissimi problemi di obesità negli adulti e in forte crescita nei bambini, per non parlare di malattie cardiovascolari, diabete e altri disturbi connessi alla cattiva alimentazione.

Il credo di Jamie è questo: cibo semplice, non processato, ingredienti genuini, ricette semplici che gli stessi ragazzi possono preparare.

Questa è in breve la situazione negli USA: molte scuole pubbliche americane sono tenute seguire le linee guida nutrizionali che la USDA (United States Department of Agricolture) fornisce. Le scuole stipulano contratti con aziende che forniscono cibo per mense scolastiche e se le tabelle nutrizionali vengono seguite, allora lo Stato rimborsa le scuole.
Fin qui tutto bene.

Il problema sono le scelte che alcune scuole fanno, interpretando le linee guida della USDA: se i ragazzi devono mangiare un certo quantitativo di verdura, inserisci nel gruppo dei “Vegetables” le patate, che – specialmente fritte – piacciono a tutti e costano poco. E poi, se i bambini devono bere una certa quantità di latte al giorno ma spesso non lo fanno, via alle confezioni monodose di latte al cioccolato o alla fragola, il cui contenuto di zuccheri è drammaticamente alto.

E questo solo per fare qualche esempio.

Le reazioni di molti nei confronti di questi reality show e di questa food revolution sono stati negativi: alla gente non piace sentirsi dire (e da uno straniero per) che mangiano male, che si stanno ammalando per ciò che ingurgitano e che stanno letteralmente uccidendo i loro figli.

“Ma l’America è lontana, dall’altra parte della luna” cantava Lucio Dalla… e invece no! Nella provincia benestante in cui vivo succede che: “Compravano a basso prezzo pesce e carne quasi scaduti e destinati a diventare mangime per animali, e una volta rietichettati li vendevano a prezzo maggiorato, immettendoli in commercio come cibo per il consumo umano, per mense ed ospizi”.

Ecco perché ho deciso di unirmi alla Food Revolution, andando alla ricerca di cose semplici, genuine, cercando di coinvolgere i bambini nella scelta e nella preparazione di ciò che mangiano.

Non è facile, però tempo fa ho visto insieme a Riccardo (7 anni) la puntata in cui Jamie spiega come si fanno gli hamburger per i fast food: ebbene successivamente il suo desiderio di McDonald si è manifestato in maniera assolutamente consapevole dei meccanismi di mercato e ha chiesto di poter avere l’Happy Meal per il gioco, toast al posto dell’hamburger, carotine al posto delle patatine e yogurt come dolce…

Forza bambini!

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